CITTÀ’ DEL VATICANO – «Il Vaticano ha parcheggiato i suoi tank nel giardino dell’arcivescovo di Canterbury». Con una pretesa di dialogo, ma all’ombra di auspici armati, ha preso il via l’altro ieri a Roma la terza fase dei colloqui fra la Chiesa cattolica romana e quella d’Inghilterra.

Tra commenti benevoli e giudizi duri.

La recente decisione di Papa Ratzinger di varare una nuova Costituzione apostolica, accogliendo in seno alla Santa Sede i tradizionalisti anglicani, è una mossa considerata come dirompente, che non ha mancato di seminare irritazione fra i seguaci della chiesa di Enrico VIII.

Il confronto è solo l’ultimo in atto, in Occidente, nell’ambito della fede. In realtà l’intero mondo religioso sembra in subbuglio. I lefebvriani, oppositori delle riforme, hanno anch’essi cominciato i colloqui per varcare le porte della Chiesa di Roma.

Gli ortodossi proseguono con i cattolici una politica del dialogo, fatta però «a piccoli passi».

La Corte europea per i diritti umani con una sentenza intima all’Italia di togliere il crocifisso dalle aule scolastiche. Mentre per la prima volta una donna-Papa è eletta alla guida dei protestanti tedeschi.

Che cosa sta succedendo nella sfera gerarchica religiosa? Non esiste dunque solo un confronto tra Islam e Cristianità. C’è, all’interno della grande comunità cristiana, una guerra tra fedi. Uno scontro aspro, mitigato in apparenza da toni concilianti e felpati.

Una battaglia appena cominciata, e di cui l’offensiva d’autunno di Benedetto XVI sembra solo rappresentare il primo passo.

L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, suprema autorità della Chiesa anglicana, ha appena lasciato Roma dove ha affrontato con il Papa il nodo rappresentato della pubblicazione di una Costituzione apostolica che permetterà a gruppi dissidenti di rientrare in blocco.

<Il dialogo prosegue>, dice la dichiarazione elaborata al termine del difficile incontro fra Papa e Primate d’Inghilterra.

<Nessun raid – ha commentato Williams – il bicchiere ecumenico è mezzo pieno>. Ma la decisione subita è accolta polemicamente da settori anglicani meno radicali.

L’arcivescovo di Canterbury è stato preso alla sprovvista dalla scelta di Ratzinger: «Sono stato informato all’ultimissimo momento», ha scritto in una imbarazzata lettera ai suoi vescovi.

«E’ un colpo mortale all’anglicanesimo – commenta il Times, molto attento sulla vicenda, come tutta la stampa britannica – che danneggerà il dialogo ecumenico, indebolirà la chiesa d’Inghilterra e inevitabilmente limiterà il suo ruolo>.

Se gli anglicani moderati accusano il Vaticano, altre fazioni appaiono invece favorevoli ai cambiamenti.

Il vescovo di Fulham, John Broadhurst, leader di un gruppo che si oppone all’ordinazione delle donne a vescovi, definisce la mossa del Pontefice come un «momento decisivo» e prevede che fino a 1.000 religiosi dissidenti possano ora transitare a quella cattolica romana.

In Australia centinaia di tradizionalisti, che si oppongono alle tendenze liberali della chiesa anglicana, in particolare ai matrimoni gay e al sacerdozio femminile, hanno festeggiato l’annuncio nelle parrocchie con oltre 20 sacerdoti, per lo più sposati, che non dovranno rinunciare al loro vincolo matrimoniale.

Ma Christina Rees, del movimento pro-donne “Watch”, descrive la scelta di Benedetto XVI come uno «sconfinamento»: «Una cosa è offrire accoglienza. Questa però sembra essere particolarmente calorosa».

Cenni critici non mancano in Italia. «Secondo me stiamo assistendo a un divario che si allarga sempre di più sul piano etico più che teologico – è l’opinione del pastore Giuseppe Platone, direttore di Riforma, settimanale delle Chiese evangeliche battiste, metodiste e valdesi cristiane, e ora rappresentante della chiesa valdese a Milano – da un lato ci sono i conservatori che hanno e vogliono il Papa, dall’altro i senza-Papa.

E’ in sostanza un atteggiamento anti ecumenico, non in sintonia con la Carta sottoscritta a Strasburgo nel 2001 da tutte le chiese cristiane».

Il grande fermento in tutto il mondo protestante è anche dato dalla recente nomina in Germania di una Papessa luterana, alla testa della Chiesa evangelica tedesca.

Margot Kaessmann, 51 anni, madre di quattro figli, divorziata, già vescovo di Hannover, volto conosciuto dei programmi televisivi, è nota per la sua personalità ostinata, battagliera, poco diplomatica, ma con un carisma tale da riempire le chiese dove predica, commuovendo il suo uditorio fino alle lacrime.

La prima donna-Papa rappresenta una rivoluzione anche in un Paese guidato da una cancelliera, e dove le donne stanno assumendo responsabilità sempre più rilevanti.

La sua è un’elezione che arriva in un momento delicato dei rapporti fra Chiesa di Roma e luterani: è di appena qualche settimana fa la pubblicazione di un rapporto interno che attacca l’attuale leadership cattolica, a cominciare dal Pontefice, per il suo scarso impegno ecumenico. Caso rientrato dopo una richiesta di scuse.

Kaessmann comunque, eletta donna dell’anno da un settimanale tedesco, nel suo discorso di insediamento ha subito puntato sulla questione sociale.

Reduce da una vittoriosa battaglia contro il cancro, si batte in favore del salario minimo, per una maggiore cura delle persone anziane e di quelle affette da infermità, oltre che per l’accoglienza dei profughi extracomunitari.

«La notizia della sua elezione – osserva Platone – è un raggio di sole.

Margot Kaessmann è il volto solare del protestantesimo. Direi che ci troviamo in una fase dove ci sono due Chiese che si fronteggiano: in termini politici lo tradurrei in un blocco delle destre e in un altro delle sinistre. Un fronte che segue il rito e la tradizione, e un altro il dubbio e le riforme».

L’Italia ha già due donne al vertice nel settore: Maria Bonafede, moderatrice della Tavola valdese, e Anna Maffei, presidente dell’Unione cristiana evangelica battista.

In Vaticano intanto, al Palazzo della Congregazione per la dottrina della fede, lo stesso che più di vent’anni ospitò le trattative tra monsignor Marcel Lefebvre e l’allora cardinale Joseph Ratzinger, sono partiti i colloqui per accogliere i lefebrviani.

Ad ascoltarli, è chiaro come si sentano già pienamente cattolici. «Papa Benedetto XVI, l’autorità che riconosciamo – assicura il superiore generale della Fraternità San Pio X, monsignor Bernard Fellay – è molto più aperto di alcuni vescovi.

Ci sono problemi, ma questi problemi non significano che abbiamo perso la relazione di sottomissione all’autorità del Santo Padre».

E come i gruppi anglicani che si apprestano a rientrare, anche la Fraternità S. Pio X fondata dall’arcivescovo francese poi scomunicato da Papa Wojtyla, potrebbe essere elevata a “prelatura personale”. Nell’88 le trattative tra Lefebvre e Ratzinger naufragarono.

Ma nel frattempo Benedetto XVI ha compiuto atti importanti in loro favore, benché contestati dalle frange progressiste. Le reazioni non mancano. Holger Milkau, decano della Chiesa evangelica luterana, lo considera «un inciampo enorme su un cammino già molto difficile».

«Vedo in questa decisione del Papa subita dagli anglicani — spiega — un vero e proprio scisma interno a una chiesa della riforma. E questo mi spiace soprattutto per le sorelle e i fratelli anglicani che non hanno affatto bisogno dell’accoglienza del Pontefice per ritenersi degni e validi cristiani. I protestanti devono smettere di sentirsi cattolici di seconda classe>.

La sferzata del teologo svizzero Hans Kueng, da 30 anni sanzionato dai vicari di Pietro che si sono susseguiti, contro un Papa «che pesca soprattutto sulla sponda destra del lago» là «dove le acque sono torbide», ha scatenato reazioni ufficiali.

«Un gesto — ha scritto sull’Osservatore romano il direttore Giovanni Maria Vian — che è volto a ricostituire l’unità voluta da Cristo e riconosce il lungo e faticoso cammino ecumenico compiuto in questo senso, ma che viene distorto e rappresentato enfaticamente come se si trattasse di un’astuta operazione di potere da leggersi in chiave politica, naturalmente di estrema destra».

Anche il fronte interno ai cattolici cristiani è in ebollizione, e non solo sul caso del crocifisso.

Il dibattito è concentrato sulle richieste provenienti dai settori più “laici”, come la questione dell’elezione diretta dei vescovi e la scarsa formazione di preti che — molte omelie noiose lo evidenziano — non paiono sufficientemente preparati da un punto di vista sia dottrinario sia divulgativo.

La Chiesa è chiamata a rispondere a sfide enormi. Sull’Osservatore la giornalista americana Marguerite A. Peeters puntava il dito contro «una minoranza di esperti occidentali secolarizzati, anzi laicisti» accusati di trasformare e decostruire silenziosamente tutte le culture.

«S’impone con urgenza — concludeva l’articolista — uno sforzo di discernimento intellettualmente serio, che non è ancora stato fatto» sulle sfide di questa nuova etica post-moderna rispetto alle quali «la Chiesa resta ignorante».

Su ogni fronte, la battaglia è appena cominciata.

(25 novembre 2009)