ISTANBUL – Ahmet!». «Roberto!». Il gesto delle braccia allargate, e un lungo saluto festoso, via Skype. Da New York a Istanbul, dove Ahmet Altan, 69 anni, è stato rilasciato pochi giorni fa dopo quasi tre anni e mezzo di prigione.
L’accusa: avere inviato, durante un programma tv, «messaggi subliminali» per favorire il golpe tentato contro il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. «Una ragione così bizzarra — commenta ora con eleganza — che quasi mi ha divertito».
Roberto Saviano, che di anni ne ha 40, scrittore minacciato di morte per i suoi articoli e libri sulla camorra, aveva firmato tempo fa un appello per chiedere la liberazione di Altan a cui avevano aderito decine di autori: tra loro Elena Ferrante, Julian Barnes, Ian McEwan, Herta Mueller, J.M. Coetzee, Orhan Pamuk, Michael Ondaatje.
Lo scrittore italiano lo considera «un pensatore mediterraneo, un uomo capace di credere nella letteratura fino in fondo: per noi la sua resistenza è vitale».
Ora si abbracciano, virtualmente, e si parlano in video. Altan appare più magro, però in forma e dotato di un’energia contagiosa. Seduto nella Casa della Letteratura, nella stessa strada dello storico albergo Pera Palace, è lui a fare la prima domanda.
Ahmet Altan: Roberto, ma sei al sicuro ora?
Roberto Saviano: Ahmet, tu hai scritto nel tuo libro: «La realtà non poteva sopraffarmi, io ero più forte della realtà». È così per te anche adesso?
AA: Le condizioni non sono cambiate molto. Il pm ha chiesto che io venga riarrestato, e stiamo aspettando la decisione del giudice. Possono letteralmente venirmi a prendere qui, mentre stiamo parlando.
RS: Questa situazione ti mette molta ansia?
AA: Nessuna ansia, soprattutto quando ti parlo. No, dico: sto parlando con Roberto Saviano, con la situazione che ha. Che cos’altro dovrei dire?
RS: Tu hai scritto che hai imparato da tuo padre la lezione di non avere paura. Quanto ti è servita in questi anni?
AA: Ho usato la resistenza imparata da lui per tutto questo tempo. Con mio fratello (Mehmet, economista di formazione marxista, arrestato anch’egli e di recente rilasciato, ndr) eravamo allenati. Mio padre ci ha insegnato che c’è qualcosa di più prezioso della nostra stessa vita.
RS: Citando Borges in un tuo passo dici: «O la borsa o la vita, e io rispondo: la vita». Qual è stata in questi anni la risposta che hai dato e che loro, quelli che ti hanno arrestato, non si aspettavano?
AA: Fare quello che non si aspettano ti dà molta forza. Perché loro vogliono provare la tua tenuta opprimendoti. Ma se resisti, e non ti sottometti, allora perdono la forza.
E tu puoi diventare più forte di loro, anche senza armi. Credo che lo spirito decisionale di un uomo possa superare qualsiasi tipo di tirannia. Non c’è nient’altro su cui puoi contare.
RS: La cosa per me più difficile è pensare che la mia situazione la paga la mia famiglia. Per te questo è stato un tormento?
AA: Non avrei voluto essere al loro posto. Stare in prigione è più facile di andare a trovare chi sta in prigione. Hanno sofferto ancora più di me. Ed è la fonte di rabbia più forte che ho.
RS: Ti sei mai sentito in colpa per la tua famiglia? Io per la mia, molto.
AA: Roberto, devi fare a te stesso questa domanda: che cos’altro avrei potuto fare rispetto a quello che ho fatto? Perché non puoi agire diversamente.
Anche se la tua famiglia sta in pena, sono comunque orgogliosi di te. Così come lo sono, qui, i tuoi amici turchi.
RS: Grazie. Ti chiedo questo: io sono convinto che tu sia un grande scrittore al di là della tua condanna. Ti sei sentito a volte costretto nel ruolo di simbolo? E avresti voluto che parlassero soltanto le tue parole?
AA: È una domanda giusta, quasi dolorosa. Tutto quello che uno scrittore fa di diverso dallo scrivere è un tradimento dell’essere scrittori. Non lo si dovrebbe mai fare.
Però la gente soffre. E allora tu sei davanti a un dilemma: proteggere la tua professione, o proteggere quelle persone che sono silenziose, senza voce e non hanno mezzi?
Io ho cercato di fare tutte e due le cose. E tuttavia penso di avere commesso un crimine contro il mio mestiere, cioè contro il fatto di essere uno scrittore.
RS: La letteratura cosa può fare davvero? Io ci credo profondamente, quasi come in una religione.
AA: La letteratura è una cosa così forte, che non ha bisogno di fare niente. La letteratura è la mano su questa terra di un Dio che non esiste. Ha un potere imparagonabile.
Le cose della vita, le stesse tragedie, sono momentanee. La letteratura non lo è. Il tempo è il peggior nemico delle persone. E l’arma migliore che la gente ha per combattere il tempo, per superarlo, è la letteratura.
Di Omero non ti ricordi i politici, i soldati, i combattenti, ma ricordi Omero. Ricordi loro solo perché lui li ha raccontati. Un essere umano creato da Dio può vivere per circa 80 anni. Ma un personaggio creato dalla letteratura vive per sempre.
Shakespeare, creato da Dio, non ha vissuto a lungo. Però Amleto creato da Shakespeare vivrà per sempre. Per questa ragione penso che Dio sia geloso degli scrittori. A parte, ovviamente, di tutto quello che sta succedendo a noi.
RS: Nel mio Paese il fango contro di me è quotidiano. Dicono che copio i miei libri, che ho un attico a Manhattan, che vengo pagato da Soros, che il Mossad mi protegge… Tu come sei stato delegittimato?
AA: Fa parte della strategia psicologica che usano contro gli scrittori. Non possono attaccare la parola, e attaccano l’autore. Però, questo non diminuisce il valore dei suoi libri.
La parola scritta è più importante dello scrittore. Le tue parole scritte ti proteggono. Non importa se sei l’uomo peggiore del mondo, l’importante è che i tuoi scritti siano buoni. Conosciamo molti autori in letteratura che sono brutti tipi, però sono grandi autori.
RS: Secondo te l’Europa ha perso una grande occasione non facendo entrare la Turchia al suo interno? Avrebbe potuto evitare questa deriva autoritaria?
AA: Sarebbe stata davvero una grande opportunità per entrambe le parti. Se tutti e due le parti avessero agito in modo saggio, oggi non avremmo queste guerre in Medio Oriente, e l’Europa sarebbe più forte nei confronti di Stati Uniti e Russia.
Ci siamo arrivati vicino fra il 2000 e il 2010. Se fosse stata ammessa allora, ora vivremmo in un mondo migliore.
RS: Il rischio che l’Italia si trasformi in un regime autoritario è sempre più reale, purtroppo. La Turchia arriva ad arrestare oppositori perché Erdogan è convinto di riuscire a manipolare l’opinione pubblica.
In Italia la strategia di Matteo Salvini di indossare la divisa, e di delegittimare gli intellettuali come fossero nullafacenti, è la stessa.
Salman Rushdie dice che gli scrittori sono importanti per i regimi, altrimenti non cercherebbero di delegittimarli. Per te cosa fa più paura di tutto ai regimi?
AA: I regimi sono molto pericolosi per gli scrittori, però rappresentano anche una grande opportunità. Perché, al buio, una piccola candela la vedono tutti.
Un fiammifero illumina più di un proiettore. Ecco perché vogliono spegnere la tua fiamma. Eppure con quella candela puoi mostrare a tutto il mondo cosa sta succedendo in quella stanza. Questo fa infuriare i regimi.
RS: In questo periodo qual è stato il tuo momento più difficile?
AA: Quando hanno arrestato mio fratello. E quando ho visto piangere mia figlia, lei non lo fa mai. Queste due cose mi hanno ferito. Per quanto mi riguarda, sono capace di proteggere me stesso.
RS: In cella quanti eravate? E tra voi eravate amici?
AA: In tre. Sì, molto. Per un ragazzo, in particolare, ero come un padre. Sento il dolore di averlo lasciato lì. Uscire fuori di prigione non è necessariamente un momento gioioso, perché sai che ci sono migliaia di innocenti ancora dietro le sbarre. Questo mi fa soffrire, mi distrugge.
RS: Tu però non sembri serbare rancore. Io nella mia città vengo considerato da alcuni un nemico. Tu sembri senza odio. Come fai?
AA: Diventando vecchio. Ero come te. E tu diventerai come me.
(9 novembre 2019)