La Chiesa di San Torpete resterà chiusa dal 24 dicembre 2019, compreso, fino a domenica 5 gennaio 2020. Riaprirà lunedì 6 gennaio alle ore 10 con l’Epifania». È Natale, nei vicoli di Genova.
La Genova del Ponte crollato e da ricostruire. C’è comunque aria di festa, nelle strade dell’angiporto. Ma la chiesa nascosta nei “carruggi”, quella a cui si rivolgono i poveri e gli immigrati, nella celebrazione più importante dell’anno rimarrà sbarrata. Per ordine del sacerdote.
«Non mi faccia gli auguri né mi dica Buon Natale. Per me è un insulto. Natale è diventato il contrario di ciò che dovrebbe essere.
Se Gesù nascesse oggi diserterebbe le nostre chiese e le contrade per stare in mezzo ai migranti. La sua culla non sarebbe una grotta, ma un barcone in mezzo al mare.
I magi non verrebbero su cammelli e dromedari, ma su motovedette e navi ong di salvataggio… con coperte dorate per riscaldare la persona di Dio incarnata nei poveri».
Don Paolo Farinella è in piedi davanti al portone chiuso della sua parrocchia. I capelli candidi, i modi gentili e spicci. E una coerenza di «prete dal cuore laico», come si autodefinisce, ben nota a Genova. Coerenza capace di portarlo a posizioni estreme e a gesti eclatanti.
«Perché non celebriamo il Natale in San Torpete? Lo facciamo per rispetto del mistero fondamentale della fede, oggi travolto e seppellito dall’orgia del consumismo e dalla scenografia pagana, di cui la maggior parte dei cristiani sono complici e collaboratori.
Abbiamo smarrito il senso. L’antifona d’ingresso dell’eucaristia della seconda domenica dopo Natale dice: “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua Parola onnipotente dal cielo, dal trono regale, o Signore, si lanciò in mezzo alla terra”.
Ora il profondo silenzio è diventato grida di fiera e di corsa irrazionale di bancarella in bancarella, alla ricerca di doni improvvisati e riempitivi del vuoto affettivo che spesso popola le nostre vite. Materialismo puro».
San Torpete è un luogo particolare. Persino colorato. Lo scorso settembre, assieme a cinque Chiese protestanti, don Farinella decise di ricoprire la porta d’ingresso con le coperte dorate con cui la Guardia costiera riscalda i migranti salvati dalla morte nelle acque del Mediterraneo.
Le accuse di tradimento «in combutta con i protestanti» e le minacce deliranti sui simboli religiosi hanno fatto da sottofondo ai vandali che hanno sfregiato le coperte, strappandole. «Le abbiamo riparate ogni volta. Poi, la notte tra venerdì 8 e sabato 9 novembre, mani ignote hanno fatto uno squarcio non più riparabile».
E così don Paolo aiutato dai suoi collaboratori si è visto costretto a togliere la coperta dorata, lasciando solo la parte irraggiungibile da terra, che resta in alto.
Don Farinella è figura conosciuta in città. Siciliano di nascita, 72 anni, da ragazzo seguì la famiglia migrante a Genova dove ha sempre vissuto, eccetto alcuni anni in cui ha studiato teologia a Gerusalemme: qui ha conseguito due lauree, in Teologia biblica e in Scienze bibliche e archeologia.
Oppositore fermo di un conservatore di grande spessore come fu il cardinale Giuseppe Siri, da sempre in rapporti non esattamente fluidi con la gerarchia ecclesiastica, era considerato da un prete come don Andrea Gallo — dal quale pure diverge per diversi aspetti — «il mio teologo di riferimento».
Farinella è uno strenuo assertore del Concilio Vaticano II, che ritiene però superato, sperando in un prossimo Concilio che porti a compimento riforme giudicate come “incomplete”.
E dunque, per il secondo anno consecutivo, niente Natale nella colorata chiesa genovese dove ogni domenica alle 10 i Vangeli vengono preparati, ciclostilati e discussi dall’assemblea dei fedeli.
Nel 2018 don Paolo fu criticato dai suoi parrocchiani. Ora, invece, mostrano di seguirlo. «Credo che abbiano capito», dice lui. «A tutto c’è un limite, possiamo pensare quello che vogliamo, ma festeggiare oggi il Natale sarebbe essere complici della dissacrazione della povertà e della dignità dei poveri, “alter Christus”, immagine del Dio invisibile che ci interpella».
Don Paolo è un fiume in piena. Ma i suoi convincimenti sono frutto di studio e di un ragionamento profondo. «Ne sono certo: un giorno sarà norma obbligatoria per tutta la Chiesa non celebrare il 25 dicembre che, comunque, è una data convenzionale, non storica, e nulla più.
A noi, apripista, spetta l’onere di portarne il peso iniziale e anche le contraddizioni dei contraccolpi. La Chiesa ufficiale, d’altra parte, arriva sempre in ritardo, adeguandosi tranquillamente a tutto ciò che fino al giorno prima proibiva e minacciava.
Si sa, ormai storicamente è provato, che la gerarchia è sempre fuori della storia: avendo rinunciato alla profezia, si adegua al costume del mondo con fecondo opportunismo.
Natale ha assunto la forma pagana della dissipazione e dello sperpero, offese a Gesù e al suo progetto di vita che pone i poveri al centro dell’interesse di Dio: Dio incarnato che si riconosce nei poveri.
Molti sedicenti cristiani celebrano il Natale e vivono immersi nel razzismo, nell’odio verso i migranti, i diversi, i poveri dei poveri. Celebrare Natale con loro è complicità sacrilega».
Il sacerdote dal cuore laico, la cui bontà gliela leggi dentro mentre parla sorretto da una ragione ferrea, ragiona con modalità alternative. E pensa piuttosto alle donazioni ricevute, che solo nel 2019 hanno raggiunto una cifra fra gli 80 e i 90 mila euro.
«Soldi che ci permettono di aiutare tanta gente che viene qui. In questo modo risolviamo le bollette, le rette, i mutui. Quante case sono state salvate da tanti donatori anonimi. Guardi, si sieda: i poveri arrivano qui, in questa stanza che dietro la chiesa abbiamo dedicato all’Associazione Ludovica Robotti, bimba di 9 mesi che morì nel 2010.
Li facciamo accomodare, perché loro invece sono abituati a stare in piedi. E allora sprofondano, nel senso che si rilassano, e ci raccontano tutti i loro problemi, guai, preoccupazioni».
Qualcuno può forse dire di non vedere rispettata qui, a San Torpete, la parola di Gesù? Sul sito di don Paolo Farinella un messaggio invita a leggere il suo breve, ultimo documento dal titolo San Torpete senza Natale. Che termina così: «Un abbraccio sincero, senza auguri. Non-Natale 2019».