KAS-CASTELLORIZO (frontiera di mare fra Turchia e Grecia) — La sagoma grigia di una corvetta turca dalla sapiente costruzione tedesca si staglia nel mare limpido di Kas. L’isola celebre di Castellorizo è di fronte.

Non sono nemmeno 2500 metri di distanza. Eppure, qui in mezzo, passa il confine strettissimo fra Turchia e Grecia.

Il caso delle miglia marine da sempre contestate da Ankara rischia di essere un nuovo motivo di contenzioso in una regione ad alta tensione.

Un nodo che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan potrebbe decidere di tagliare in modo spiccio, avviando trivellazioni petrolifere in tutta l’area del Mediterraneo orientale.

Kas si trova perfettamente a metà fra Creta e Cipro. Nella prima isola gli ammiragli greci sono in allerta, da quando piani di attacco turchi sono emersi considerando l’attracco su alcuni porti.

E pure Cipro, da decenni divisa in due, si prepara a vivere una stagione più che tribolata dopo che Ankara ha annunciato esplorazioni di gas e di petrolio a sud, in acque considerate secondo la sfera geopolitica greca e greco-cipriota come proprie.

Il Mediterraneo orientale oggi appare solcato da corvette e fregate da guerra. E qui il grande gioco di Erdogan prende forma in uno scacchiere nuovo, com’è quello del mare, riscoperto dai turchi grazie alla teoria innovativa della “Patria Blu” disegnata dai loro ammiragli.

La strategia di conquista passa intanto per le esplorazioni marine. Ankara ha deciso di dare il via libera alle trivellazioni, entro pochi mesi, sui lotti 1,4,5,6,7 del giacimento di gas chiamato Afrodite, dato in concessione unilateralmente a compagnie straniere dalla parte greca dell’isola.

Lo scorso 29 maggio, data importante perché anniversario della conquista di Costantinopoli da parte di Mehmet che diventerà Sultano, la nave Fatih (cioè Il Conquistatore) è partita dal Mar Nero per attraversare l’Egeo e posizionarsi nel Mediterraneo.

Qui la partita diventa ampia. Dove da un lato la Turchia appronta le sue navi per esplorare a sud di Cipro.

Dall’altro lo farà anche nel braccio di mare più a ovest, verso la Libia, in virtù del Memorandum di intesa firmato a novembre 2019 con il governo di Tripoli (difeso oggi militarmente dai generali di Erdogan), che permette alle navi turche di esplorare fondali considerati il nuovo Eldorado.

Sono 4 al momento le navi prescelte per le operazioni: la Yavuz, la Barbaros Hayrettin Pasha, la Oruc Reis, la Kanuni. Ma per un’impresa così grande, dai porti turchi ne arriveranno certamente altre.

Non tutti i Paesi litoranei, o interessati allo sfruttamento dell’area, plaudono allo scenario: Israele, Francia, Grecia, Cipro, Egitto e Emirati Arabi hanno da tempo lanciato l’allarme per l’ambizioso piano di sfondamento turco.

Non l’Italia, oggi orientata a riprendere con lena i rapporti economici e commerciali con Ankara, distendendo dunque quelli politici.

Molti segnali lo confermano. Al forum dei ministri degli Esteri svoltosi lo scorso gennaio il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio, non ha siglato il protocollo del Cairo sul gasdotto EastMed, perché «troppo sbilanciato» in Libia contro la Turchia.

E a maggio il ministro non ha firmato la nota di protesta elaborata da Francia, Grecia, Egitto e Emirati contro quelle definite come «attività illecite» della Turchia nel Mediterraneo.

Ultimo determinante tassello: la collaborazione tra servizi turchi e italiani nella liberazione della cooperante in Somalia, Silvia Romano, costituisce un altro piccolo, ma importante capitolo dei rapporti tra Roma e Ankara, che ora puntano al bello.

Snodo fondamentale di questa grande partita geopolitica è l’EastMed, il gasdotto del Mediterraneo orientale, che collega le risorse energetiche del mare alla Grecia continentale attraverso Cipro e Creta.

Il progetto prevede l’Italia come approdo del trasporto di gas, con un’infrastruttura lunga 2.000 chilometri, dal Medio Oriente al Sud Europa, trasferendo fino a 12 miliardi di metri cubi all’anno. Il problema è che, soprattutto dopo la scoperta di nuovi giacimenti di idrocarburi, l’EastMed finirebbe per aggirare la Turchia.

E Ankara ovviamente non ci sta, preparandosi così all’attività esplorativa e di perforazione all’interno della Zona economica esclusiva (ZEE) di Cipro.

Avverte il vice di Erdogan, Fuat Oktay: «La Turchia non consentirà alcuna attività contraria ai propri interessi nella regione. Qualsiasi piano che ignori la Turchia non ha assolutamente alcuna possibilità di successo».

Di comune accordo le navi dell’Eni, cacciate un anno fa dalla zona dai turchi, potranno tornare ad affacciarsi e prendersi la propria porzione di mare da esplorare.

Il protagonismo strategico della Turchia è la nuova realtà con cui ora la regione fa i conti. Erdogan gioca su più tavoli. Ankara si muove a suo agio in Libia, e aumenta la pressione sull’isola di Cipro.

Adesso anche l’Italia pensa di rientrare nella partita.

(21 luglio 2020)