da LaRepubblica
«Il crollo del Ponte, nella sua tragedia, sta avendo una risposta di grande orgoglio da parte dei genovesi. Questa determinazione, voglia di riscatto, spirito nuovo che si sta respirando, non vanno frenati da scelte sbagliate. È necessario ricollegare la nostra città al mondo. Bisogna farlo nel più breve tempo possibile».
Roberta Pinotti torna a Genova quasi tutti i fine settimana. Dal Senato a Roma, o dalle missioni che fino allo scorso anno l’hanno tenuta all’estero come ministro della Difesa.
«Non avrei mai pensato — dice con un pizzico di autoironia, avvolta in una giacca rossa nella sede del Pd genovese — di partire un giorno da Sampierdarena e di trovarmi a Bruxelles al tavolo della Nato».
Con lei si chiude il ciclo di interviste avviato da Repubblica all’inizio della settimana con i sei esponenti liguri nella nuova Direzione del Pd guidato da Nicola Zingaretti.
C’è un’atmosfera nuova nel partito?
«Il risultato delle primarie, con una partecipazione così forte, ci ha dato un grande incoraggiamento.
Credo che il messaggio di quel popolo che si è messo in fila dando il proprio appoggio al Pd avesse due intenti: puntare a un’alternativa all’attuale governo e chiedere però unità. Perché ora c’è un avversario esterno, che è la destra».
L’impressione, per lo meno iniziale, è che gli errori sulle divisioni interne al Pd siano stati compresi. È così?
«Penso di sì. Il clima vissuto l’altra domenica nell’assemblea che ha eletto Zingaretti non lo vedevamo da anni. Nel passato c’erano tifoserie contrapposte. Ora invece si coglie il desiderio di voler ripartire insieme. Con un nuovo segretario, molto legittimato».
Lei è intervenuta?
«Sì, parlando dell’attentato in Nuova Zelanda».
Come mai?
«Perché questo nuovo terrorismo provocato dal suprematismo bianco — che in passato aveva già avuto episodi orribili come la strage nell’isola di Utoja, in Norvegia — con il protagonista che compie il massacro mostrandolo su Facebook, pare quasi sdoganato dal fatto che ci sia un pubblico in diretta».
Lei cosa ha voluto rimarcare?
«Che le parole sono pietre. E che la sottovalutazione di chi ha responsabilità politiche, sia esso il presidente degli Stati Uniti o il ministro degli Interni italiano, fa considerare che i fenomeni possono non essere isolati. E che le parole d’ordine possano divulgarsi».
Dalle tragedie del mondo alla tragedia del Ponte di Genova. In una zona a lei carissima…
«Quella dove continuo ad abitare e dove ho sempre abitato per tutta la vita. Rivarolo e Sampierdarena, questi sono i miei quartieri».
Che sensazione trova oggi?
«Diversa. Perché noto lo spirito che la gente sta mostrando in questo frangente. Ed è uno spirito che non vedevo più da tempo in questa città. Prima sentivo molto di più il mugugno.
Ora invece risento l’orgoglio. E questa tragedia così immane sta avendo da parte delle categorie economiche, dei cittadini, del volontariato, una risposta di grande determinazione».
Voi dell’opposizione come guardate a questa sfida?
«Con molta attenzione. Dobbiamo vigilare, perché questa voglia di riscatto non venga frenata da scelte sbagliate».
Passare dal mugugno al riscatto, questa sì che per Genova è una bella sfida.
«Vero. Ma riprendendo quello spirito mercantile, e anche di iniziativa, che la città ha sempre avuto nel passato».
È ottimista?
«Seguo le fasi della demolizione del ponte con preoccupazione. Ma sono ottimista sullo spirito di questa città. Tuttavia, resto preoccupata perché, chi ha responsabilità, deve far rispettare i tempi. Genova ce la può fare e ha tutta la voglia di farcela. Però è fondamentale che i tempi siano certi e ristretti».
Le priorità?
«Genova deve essere connessa. La città è in gran parte il suo porto, e le grandi industrie. C’è perciò bisogno di trasporti rapidi. Il tema delle infrastrutture è centrale.
Noi nel governo passato avevamo finanziato tutte le infrastrutture necessarie per Genova: Gronda, Terzo valico, Tav e Diga. Riconnettere Genova al mondo è fondamentale».
Usando pure la Nuova via della Seta?
«Investimenti cinesi importanti stanno già funzionando qui. Io guardo positivamente al fatto che lo scambio commerciale fra Italia e Cina possa aumentare. Però in un quadro in cui ci siano reciprocità, trasparenza, regole certe».
Ma è un’opportunità?
«Lo è, ma va gestita con competenza. Non nel modo dilettantesco in cui il governo, fra Cinque stelle e Lega, si è spaccato sul memorandum da firmare con il presidente Xi Jinping a Roma».
(marzo 2019)