Dagli archivi tedeschi i documenti segreti su Pacelli
“Pio XII appoggia gli ebrei. Deve essere stato un ottimo segretario di Stato, eppure da Papa tende a fuggire le sue responsabilità”. È il 1941, un anno cruciale per la Seconda guerra mondiale.
E i rapporti segreti che da Roma, copiosi e preoccupati, giungono via via sul tavolo del ministro degli Esteri del Terzo Reich, Joachim von Ribbentrop, danno un quadro molto netto della figura di Pacelli pontefice.
Il Papa sostiene gli ebrei – ammettono i telegrammi e le relazioni che gli agenti nazisti infiltrati nelle mura della Santa Sede inviano a Berlino – ma la sua azione pontificale è in generale timorosa.
Per comprendere pienamente l’operato di Pio XII forse non è necessario aspettare – quando mai avverrà – l’apertura dell’Archivio vaticano. I tedeschi, già allora, avevano inquadrato Pacelli in modo perfetto.
In attesa che le stanze contenenti la parte documentale del suo pontificato diventino accessibili, Repubblica ha intanto fatto l’operazione inversa ed è andata a cercare le carte su Pio XII da poco disponibili in alcune biblioteche in Germania, presso il ministero degli Esteri federale, all’Archivio dell’ex servizio segreto comunista a Berlino, in fondazioni private e archivi personali.
Decine di pagine, per ora, che possono aiutare a definire in modo più ragionato e sereno la complessa figura di un Papa che, a settant’anni dal suo pontificato, continua a far discutere.
“Al ministro degli Esteri del Reich, von Ribbentrop – si legge in una lettera del capo della sicurezza delle SS a Berlino, Heydrich – occorre considerare i rapporti di politica estera con il Vaticano di volta in volta anche dal punto di vista dell’attività antistatale della Chiesa politica nel (nostro) Paese, attualmente emersi.
Gradirei quindi se il suo addetto al Vaticano e il mio ufficio fossero in collegamento costante riguardo a questi temi”.
In fondo la firma, e il saluto: “Heil Hitler!”. È il 27 ottobre 1938, quando Eugenio Pacelli è ancora segretario di Stato di Pio XI, Papa Ratti. Ma già la Germania tiene sott’occhio “l’attività antistatale della Chiesa” al proprio interno.
Passa qualche anno, Pacelli è diventato Papa, e il ministro in un dispaccio del 24 luglio 1941 intima al suo ambasciatore presso la Santa Sede, von Mackensen, “in riferimento al rapporto telegrafico nr. 1895 del 22 ottobre 1940 che mi venga comunicato qualcosa in relazione alla vicenda”.
Di che si tratta? Lo spiega la pagina seguente: il rapporto di un agente segreto, un religioso di cui omettiamo il nome, che cerca di estorcere informazioni al segretario privato di Pio XII, Robert Leiber.
“Padre Leiber – si legge nel giudizio della spia nazista – è lo spirito maligno del Papa. Funge da referente pressoché per quasi tutti i Paesi nemici della Germania, tra cui Austria, Belgio, la Francia occupata, il Portogallo.
Leiber viene attaccato anche dagli ambienti religiosi, che non approvano il grande influsso che ha sul Pontefice. In particolare viene obiettato che ogni Paese desidera avere un referente nazionale proprio presso il Papa, perché Leiber, da tedesco, non può conoscere a fondo gli interessi dei singoli Paesi. In tal modo si spera di poter minare il suo influsso sul Pontefice.
Il collegamento di padre Leiber con i vari ambienti è il prelato Kaas, la cui influenza presso il Santo padre tuttavia si è ultimamente assai ridotta. Il Papa deve essere stato un ottimo segretario di Stato, mentre da Papa fugge le sue responsabilità.
Il Vaticano appoggia emigranti ebrei battezzati in ogni modo nella loro fuga all’estero, soprattutto nei Paesi sudamericani. Si sono quindi avuti attriti con l’ambasciata brasiliana a Roma che si è rifiutata di concedere i visti a vari ebrei raccomandati dal Vaticano. La Santa Sede li aiuta anche sotto il profilo economico”.
Una lunga lettera con la stampigliatura “Geheim” (segreto) si riferisce poi all’azione passata di Papa Benedetto XV, cioè del predecessore nominale di Ratzinger-Benedetto XVI.
“L’arroganza e la brama di terre della Polonia – scrive dalla Santa Sede l’ambasciatore Bergen – costrinse Benedetto XV a ripetuti moniti. Essi hanno trovato espressione pubblica in un articolo dell’Osservatore romano.
Pio XI, successore di Benedetto XV e predecessore dell’attuale Pontefice (cioè Pio XII, ndr) trascorse un periodo nella Polonia appena risorta e ne aveva simpatia”.
Un ultimo “rapporto di un informatore inviato a Roma“, dopo una serie di precise osservazioni, al punto 9, quello finale, rileva: “In caso non si arrivi alla guerra la diplomazia vaticana si attende un cambiamento della situazione in Germania al più tardi dopo la morte del Fuehrer.
La politica di quest’ultimo dei confronti della Chiesa viene definita talmente astuta da essere difficilmente contrastabile”.
Il diavolo era difficile da battere. Pio XII aspettava la morte di Hitler.
(15 gennaio 2010)
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