“Genova nei decenni passati è stata depauperata, disossata, spolpata. Un’operazione fatta dall’alto, in modo sistematico, che ha colpito e ferito la città”.

Sono parole durissime quelle che mi ha detto pochi giorni fa il cardinale Angelo Bagnasco in un colloquio a tu per tu, del tutto informale, terminato poi a Roma in una cena con alcuni giornalisti.

Sua Eminenza ha voluto salutare uno per uno i cronisti che lo hanno seguito nei dieci anni della sua presidenza alla Conferenza episcopale italiana. Da oggi Bagnasco passerà la mano, e ci sarà un nuovo capo dei vescovi.

Ma con l’ex vaticanista di Repubblica l’arcivescovo di Genova ha voluto soffermarsi parlando a lungo, anche in vista dell’imminente visita di Papa Francesco di sabato, su una città che entrambi amiamo infinitamente.

E il cardinale mi perdonerà se riporto alcune delle tante cose che mi ha detto, lo ripeto, in modo amichevole.

Perché assieme alla sofferenza per “le ferite inferte dall’alto” alla nostra Lanterna, Bagnasco ha voluto puntare con forza ancora maggiore sui risvolti positivi della Superba.

Guardando con una prospettiva tesa a ribaltare la negatività di una situazione, e voltandola in meglio. “Sa, caro dottore – ha continuato il cardinale scherzando (ma non troppo) sul fatto che a Istanbul non avevo potuto seguire il suo recente incontro con il patriarca di Costantinopoli – devo però dirle che, allo stesso, tempo, da un po’ di anni i segnali della ripresa ci sono. E questo lo dico per Genova, ma anche per la Liguria”.

E qui, il numero uno della Chiesa genovese ha inanellato una serie di luoghi precisi, come fossero i punti della svolta e della rimonta. “Innanzitutto l’Ilva, e guardi non è un caso che domenica assieme al Santo Padre partiamo proprio da lì come prima tappa della visita alla città.

E’ un appuntamento che ho voluto fortemente, e di questo sono molto contento.

Poi ci sono gli Erzelli. Quindi il Terzo Valico. E poi il Gaslini, la cui sistemazione definitiva – mi diceva salendo con decisione le scale del ristorante “Il Cantico” subito alle spalle del Vaticano – magari io non vedrò, ma che è comunque avviata. Quello è uno dei nostri fiori all’occhiello. Con il Papa andremo anche lì, per incontrare i piccoli pazienti e tutto il personale”.

Sua Eminenza ha poi convenuto che Palazzo Ducale, con le sue tante iniziative nel corso di questi ultimi anni, sta facendo brillare Genova di luce nuova, con le centinaia di migliaia di visitatori, turisti e appassionati attirati dalle mostre, dai convegni, dagli appuntamenti musicali.

“E’ vero, è vero”, annuiva il cardinale. A quel punto, gli ho chiesto a bruciapelo se avesse già parlato di Genova al Papa. “Non lo ho ancora fatto – ha replicato prontamente – ma intanto gli abbiamo fornito delle schede – presto glie ne parlerò senz’altro e a lungo”.

Seguiremo allora a giorni la visita di Jorge Mario Bergoglio, un appuntamento storico dopo quella di Giovanni Paolo II, che ricordo di avere visto, allora, transitare sulla papamobile a pochi metri di distanza da una finestra a piano terra di via Francesco Pozzo.

Ovunque c’è grande attesa, molta speranza, ed è sacrosanto ricordare, assieme all’arcivescovo che accompagnerà Francesco sulla papamobile di oggi, anche le cifre drammatiche di un’economia che purtroppo ancora arranca.

“Di recente ho visto i dati sulla disoccupazione – aggiungeva Bagnasco battendo il dito come su un foglietto di carta – e sono ahimè drammaticamente alti. Bisogna cambiare registro, e aiutare i nostri giovani. La gente continua a soffrire”.

Poi a cena, davanti a tutti i giornalisti, Sua Eminenza ha voluto continuare a parlare della nostra città, nonostante le tante domande sui suoi lungi anni alla testa della Cei. “Come Chiesa lo scorso anno abbiamo dato 600 mila pasti. Venti milioni in tutta Italia. Sono tanti”.

C’è stato infine un siparietto finale, che ha riguardato il tifo calcistico. E a questo punto i vaticanisti hanno chiesto apertamente a Bagnasco per chi batta il suo cuore sportivo, Genoa o Sampdoria?

Risposta sorniona del cardinale, che mentre lo guardavo da vicino non muoveva un muscolo del viso per non tradirsi: “I miei confratelli mi avevano consigliato subito di non dire nulla in proposito quando sono diventato arcivescovo della città.

E così ho sempre fatto, osservando con scrupolo questo consiglio. Voi non sapete con chi sto delle due squadre”.

Invece c’è qualcuno che lo sa, cara Eminenza. Ma stia tranquillo, su questo punto, nessuno scoop.

(maggio 2017)