Un paio di calze nere di seta. Un abito rosso capace di esaltare i punti giusti. Una cascata di capelli biondi, visibilmente tinti. Dragomira ha 31 anni e un fisico tonico, come quello di molte donne che affollano il centro di Bucarest.

Il suo appartamento non è lontano, una zona in penombra giusto dietro il ministero delle Finanze. Edificio spartano, grigio, struttura di chiara epoca post-sovietica.

Ma Dragomira povera oggi non lo è più, e vuole anzi trasferirsi nel bel quartiere verde che si attraversa in auto arrivando dall’aeroporto, sede di molte ambasciate straniere.

Da qualche anno il suo nuovo lavoro la porta a guadagnare otto-dieci volte quello che prendeva come impiegata negli uffici del ministero. Fa la cam-girl, la ragazza alla telecamera.

Accende il computer qualche ora al giorno, si accomoda e parla con degli sconosciuti che si collegano con lei da ogni parte del globo, qualche volta si spoglia. Fine.

«Vuoi sapere quanto guadagno per questo? Non meno di 5mila euro al mese. Per la Romania sono bei soldi. Uno stipendio medio qui si aggira intorno ai 500, raramente sfiora i 1000.

Per prendere di più devi lavorare per un’azienda straniera o come dipendente dell’Unione Europea, e allora raggiungi i 2.000 euro, magari li superi anche. Perciò, ora come ora non cambierei mai questa professione. Né rinnego la scelta che ho fatto».

La giovane donna che appare in video a clienti che la chiamano da Johannesburg o da Melbourne è solo l’anello finale di una catena che rilascia il suo fiume di denaro partendo dai quattro poli della Terra, e passa per le tasche di agenzie che organizzano il collegamento.

«Intendiamoci, è tutto legale», mette le mani avanti Dragomira, che spiega: «Solo in una bassa percentuale di casi i clienti mi chiedono di spogliarmi o accarezzarmi. I più desiderano parlare. Mi raccontano di sé, del lavoro, della famiglia.

Tanti sono uomini sposati che non trovano più ascolto o soddisfazione nelle mogli. E così cercano una cam-girl. C’è chi mi fa i complimenti. Chi mi trova bella. E per me, alla fine, quasi non è un lavoro. Mi fanno pure stare bene», conclude ridendo mentre si ravvia una ciocca platino.

Collegarsi con una delle tante agenzie che stanno impazzando a Bucarest costa 3,25 euro al minuto. E gli affari in Romania vanno davvero bene. Il porno classico in tutto il mondo non funziona più come prima.

Oggi sono richieste nuove forme di intrattenimento: lo striptease personalizzato, lo show su prenotazione. La Romania rappresenta il 12% totale di questo mercato, non poco per i 20 milioni di abitanti.

Bucarest, oggi, sta cambiando il suo volto. Le strade attorno a Piata Unirii, piazza dell’Unità, pullulano di ristoranti, librerie, locali dove si fa e si ascolta musica.

L’economia si rilancia, anche se la corruzione rallenta la ripresa. Per passare dalla crisi a una trasformazione reale c’è comunque bisogno di un certo margine, perciò il lavoro scarseggia ancora, la gente batte i piedi davanti al palazzo del governo e urla contro «l’amministrazione corrotta».

Chi può tenta strade diverse. E a Bucarest le donne belle non mancano. Sul centrale Boulevard Nicolae Balcescu si susseguono i negozi di articoli hardcore. Come Erotika, dietro l’albergo Intercontinental (che fu spettatore incontrastato della rivoluzione contro Ceausescu nel 1989) e che grazie ai pizzi sgargianti indossati dai due manichini in vetrina fa incassi generosi.

Così qualche ragazza, protagonista di un entusiastico passaparola, ha deciso di dare un’impronta alternativa alla propria vita e al conto in banca, impiegandosi per agenzie come LiveJasmin, uno dei gruppi più noti di cam-girl a livello internazionale.

La Romania è stata rapida nel dotarsi di un know-how basilare, fatto non solo di donne attraenti e capaci di parlare un buon inglese, ma della migliore rete Internet d’Europa.

Gli uomini che telefonano da tutto il mondo spendendo quei 3,99 dollari per minuto di collegamento sono certi di trovare una linea a prova di caduta nel bel mezzo della chat, e possono contare sulla disponibilità all’ascolto.

Il multimilionario affare non è interamente regolato sotto il profilo legale. Approda in parte nelle casse delle ragazze, e in quantità maggiore in quelle di studi specializzati come Gloria Agency, con 300 “modelle” registrate sul sito di una delle realtà più vive nel settore nazionale, o come Studio 20, oppure AVC Studio video chat.

Uffici dove passano 2,5 milioni di euro all’anno. E la concorrenza è forte. Si parla di un volume di affari globale intorno ai 325 milioni di euro. In tutto il mondo le donne registrate sui vari siti risultano 2 milioni, per lo più tra Usa, Russia e Colombia.

In Romania le tasse incidono, però non scoraggiano il fenomeno: il 21% per le agenzie, così come per qualsiasi altra azienda, fra il 22 e il 32% per le donne, considerate artiste.

E in un Paese poliedrico come la Romania, multiculturale e vario nelle sue bellissime regioni dalla Dacia alla Transilvania, le reazioni sono diverse. C’è quella religiosa ortodossa, che tende a contenere la spinta.

E quella femminista, che prova a spiegarla. «Possiamo definirla pornografia», dice un’attivista, «ma non c’è nessun contatto sessuale, anche se è chiaro che qui la donna è ridotta a oggetto. C’è chi ritiene che queste agenzie costituiscano una copertura per una effettiva prostituzione. Il fatto è che ci vorrebbero maggiori controlli e una regolamentazione più chiara».

«Ma io non mi sento affatto un oggetto sessuale», ribatte Ana, 28 anni, capelli con uno svolazzo azzurro che le dà un’aria elettrica, «io lavoro solo da casa davanti alla web-cam. Cosa chiedono i clienti? Che mi racconti: la mia vita, i miei gusti.

Non sempre mi fanno svestire, anche se la parte erotica è sempre sullo sfondo. Tutto tranquillo. Quando vogliono, chiudono il collegamento. O mi danno un altro appuntamento.

Alla fine sono riuscita a comprarmi un’auto, vesto con abiti di lusso e posso pensare a una casa tutta mia: fare la segretaria non me lo avrebbe mai consentito.

I miei genitori, che vivono vicino a Costanza, non sanno cosa faccio. Ho detto di avere un fidanzato straniero che viene spesso a lavorare a Bucarest e sono contenti. Tanto non verranno mai».

Ana non è l’unica a vivere una sorta di doppia vita. Ma l’imbarazzo per il suo lavoro è sicuramente inferiore al piacere di trovarsi a fine mese con un gruzzolo non indifferente.

La capitale romena, nonostante la crisi, è una città costosa. Una cena in un ristorante di livello, come l’italiano Osteria Zucca, può valere 30 euro, non poco per gli stipendi locali.

In città gli studenti sono molti, e gli impieghi per i ventenni pagati una miseria. «Altro che porno», ride Ana, «questo è un lavoro da psicologa. Non hai idea della tristezza e della solitudine che c’è nel mondo. I miei clienti vogliono essere rassicurati e ascoltati».

Magari a 10mila km di distanza. Spendendo una mezza fortuna per sentirsi dire “micio bello e bamboccione”. Come cantava già Fabrizio De André, 50 anni fa.

( 25 maggio 2018)