Quanta aria di vecchia Sampdoria nella nuova Nazionale di Roberto Mancini. La partita dell’altra sera contro la Finlandia non è stata certo una vittoria memorabile, però noi tifosi italiani la ricorderemo per l’impronta di freschezza impressa dal commissario tecnico con l’innesto di giovani di grande futuro.
E, soprattutto, per uno spirito cercato (“spero in entusiasmo, allegria e serenità”, aveva detto il Mancio alla vigilia), capace di ricordare un’atmosfera respirata a Genova trent’anni fa. Una caratteristica che costituisce tuttora uno dei valori più forti e distintivi della Sampdoria.
E allora quanta Samp c’è adesso, non solo dentro, ma tutto intorno alla nuova Nazionale italiana. Io non so se i lettori abbiano visto i giornali dell’ultimo periodo. Ma quante volte in questi giorni sono passate sotto gli occhi foto di maglie blucerchiate, di un tempo e di oggi.
La copertina di sabato del magazine della Gazzetta dello Sport, ad esempio, era dedicata a Fabio Quagliarella, attuale capocannoniere della Serie A. Per non parlare dei passaggi televisivi, e di quante volte la parola Sampdoria è stata pronunciata alla radio. Un incasso assoluto in termini di visibilità e di reputazione.
In panchina, assieme a un Mancini al solito elegante e sobrio, sedeva un pezzo di vecchia Sampdoria, con Fausto Salsano e Attilio Lombardo, ora assistenti tecnici.
Mentre dietro le quinte, lo sappiamo tutti, aleggia l’occhio intelligente e scanzonato di Gianluca Vialli il quale, non riuscisse a condurre in porto l’operazione finanziaria che lo insedierebbe nella dirigenza che approderà al futuro complesso di Bogliasco, assumerebbe l’incarico di capo delegazione della Nazionale.
Mancini è stato un calciatore di grande finezza che ha vinto lo scudetto anche con la Lazio, e che da allenatore ha raggiunto traguardi ovunque, dall’Inter all’Inghilterra, dalla Russia alla Turchia. Ma è come se la maglia della Sampdoria gli fosse rimasta appiccicata addosso, oltretutto con il record di presenze e di gol realizzati fra i blucerchiati.
Ecco, sabato pareva a tratti di rivedere le nervature della Samp di un tempo. Con un grappolo di calciatori nemmeno ventenni al debutto (Kean subito al gol, Zaniolo sicuro e serio persino nelle interviste del dopopartita), e un blocco di senatori di affidabilità certa, Chiellini e Bonucci su tutti.
E poi la ciliegina sulla torta. Cioè l’avere richiamato in Nazionale, e a ragion veduta, un Quagliarella in stato di grazia. Il quale nei pochi minuti concessigli (la prossima volta scommettiamo che Mancini lo metterà prima) non ha segnato solo perché il portiere finlandese sulla sua inzuccata ha compiuto un miracolo, e la traversa gli ha negato la gioia piena del ritorno.
Tutto questo non è un caso. È un frutto che viene da lontano. Da una squadra, una società, e una tifoseria da sempre ammirevoli per fedeltà, gusto sportivo e intraprendenza.
Un’esperienza che proviene diritta dalla Sampd’oro. E che fin dai primi anni dei presidenti genovesi in cappotto blu, passando per le famiglie Mantovani e Garrone, arriva agli ottimi risultati sportivi ed economici di oggi, in un calcio completamente diverso rispetto al periodo dello scudetto.
Frutti partiti da Genova, che germogliano adesso a livello nazionale. Un Dna blucerchiato che, disperdendosi, si diffonde.
Per chi ama e rispetta quei colori, fosse anche non un tifoso ma un semplice simpatizzante (la Samp ne ha ovunque, in Italia e nel mondo), c’è solo da esserne orgogliosi.
(25 marzo 2019)