DIE ZEIT, 27 marzo 2024
DIE ZEIT: Eminenza, il Tribunale dello Stato Vaticano l’ha condannata a cinque anni e mezzo di carcere. È vero che lei è il primo cardinale ad andare in prigione?
CARDINALE GIOVANNI ANGELO BECCIU: Non sono il primo, ma per trovare un altro cardinale condannato bisogna andare molto indietro nella storia. Nel 1557, per volere di Papa Paolo IV, il cardinale Morone fu assolto dopo un lungo processo – era stato precedentemente imprigionato. Da allora, non ci sono più stati processi contro cardinali in Vaticano. La mia consolazione è che sono innocente.
ZEIT: C’è una controversia in Curia sul fatto che un uomo del suo rango potesse essere citato in tribunale. A lei non si è applicata l’immunità?
Becciu: Il Papa ha fatto cambiare la legge in materia quando le indagini erano già in corso. Ora non è più il Collegio cardinalizio a giudicare i cardinali e i vescovi che lavorano in Vaticano, come è stato nel passato, ma il Tribunale dello Stato Vaticano.
ZEIT: Ha pensato di non presentarsi in tribunale?
Becciu: No. Ho accettato la convocazione per senso di obbedienze nei confronti del Papa e perché pensavo di essere trattato in modo equo, senza pregiudizio.
ZEIT: Attraverso Papa Francesco, che l’ha licenziata. Nel suo ufficio di sostituto, lei era il terzo uomo più potente dopo il Papa e suo stretto confidente. Si sente tradito da lui?
Becciu: (in silenzio). Il Papa ha continuato a mostrarmi fiducia. Sono convinto che è stato indotto in errore nei miei riguardi.
ZEIT: Qual è stato il momento più difficile per lei in tribunale.
Becciu: È stato tutto difficile. È stato umiliante.
ZEIT: Lei è stato condannato per appropriazione indebita, abuso d’ufficio e corruzione. Ha confessato questi reati?
Becciu: Come potevo confessarli? Non li ho commessi! E poi non sono stato condannato per corruzione. Nessuno, dico nessuno, mi ha mai accusato in nessuna sede di corruzione. Non ho sottratto nulla, non mi sono arricchito.
ZEIT: Le accuse nei suoi confronti erano ancora più gravi di quelle citate.
Becciu: Sono stato assolto da metà delle accuse. Ma anche l’altra metà è falsa. È tutto falso! Per esempio, il tribunale ha respinto l’accusa di istigazione alla falsa testimonianza. Avrei fatto pressioni su un testimone. Un’accusa surreale! È stato il contrario, come è emerso durante il processo: il testimone era stato ricattato per fare false accuse contro di me. Questo era l’unico motivo per cui ero stato convocato in tribunale. È lì che la manovra è venuta alla luce. Questa è l’amara verità!
ZEIT: Ha ammesso qualche colpa? E c’è qualche errore di cui oggi si pente?
Becciu: Non mi sento assolutamente colpevole e non lo sono. Tutte le accuse sono state smentite dai miei avvocati.
ZEIT: Ma lei è stato condannato!
Becciu: A torto. Il processo ha dimostrato che ho sempre tutelato gli interessi della Santa Sede, mai i miei. Come Superiore, avrò certamente commesso degli errori: posso aver valutato male le cose, posso essermi fidato delle di qualche persona sbagliata. Ma gli errori di gestione non sono reati!
ZEIT: È stato condannato al carcere prima di Natale. Ora è Pasqua e lei vive ancora nel suo appartamento in Piazza San Pietro. Quando dovrà andare in prigione?
Becciu: Penso mai. Sono certo che sarà riconosciuta la mia innocenza e trionferà la verità. Faremo ricorso contro la sentenza.
ZEIT: Perché non l’avete ancora fatto?
Becciu: Gli avvocati hanno depositato l’istanza. Da mesi siamo in attesa delle motivazioni della sentenza.
ZEIT: Si difenderà solo dalla sentenza o metterà in discussione anche la procedura, come fanno alcuni critici?
Becciu: Alcuni dei più prestigiosi giuristi hanno espresso nel tempo gravi critiche su questo processo. Mi riferisco in particolare al Card. Herranz e ai docenti universitari Paolo Cavana e Geraldina Boni. Ma io voglio che il processo d’appello riveli la mia innocenza. Per ristabilire piena luce sull’origine di questa vicenda mi auguro anche che venga tolta la segretezza sulle dichiarazioni dei testimoni, in particolare su un centinaio di chat tra il Promotor Iustitiae del Vaticano e una testimone.
ZEIT: Lei vive nell’edificio della Congregazione per la Dottrina della Fede, proprio accanto alla Basilica di San Pietro. Come è stato trattato in Vaticano da quando è stato indagato?
Becciu: Dopo l’inizio dell’inchiesta e la perdita dei miei incarichi nel 2020, molti in Curia erano convinti della mia colpevolezza – ero isolato. Nel corso del processo, quando è emersa una macchinazione ai miei danni, l’umore è totalmente cambiato.
ZEIT: È amareggiato dalla sfiducia di chi la circonda?
Becciu: Come le ho detto, non mi sento circondato da sfiducia. Certamente, alcuni mi hanno deluso. Ma l’affetto della mia famiglia e dei miei vecchi amici è stato incrollabile. Sono molto grato alla gente del mio paese, la Sardegna, che non ha mai dubitato della mia onestà.
ZEIT: Oggi la vostra Chiesa sembra essere composta solo da scandali. Com’era questa chiesa nella sua infanzia?
Becciu: Vengo da una famiglia di credenti. Mio padre era un contadino, mia madre una casalinga, si viveva in casa una fede semplice ma forte. Da bambino amavo andare in chiesa, mi piacevano le cerimonie e mi affascinava il modo in cui si comportavano i sacerdoti. Erano bravi sacerdoti.
ZEIT: Perché è diventato sacerdote?
Becciu: Volevo essere come quelli che conoscevo: un predicatore e un educatore di giovani. Dopo sette anni come Formatore di giovani seminaristi in Sardegna, la chiamata da Roma alla Pontificia Accademia Diplomatica è stata una sorpresa.
ZEIT: Ha esitato?
Becciu: Ho chiesto un po’ di tempo per riflettere. Poi ha prevalso il desiderio di essere dove la Chiesa mi chiamava e ho accettato. I miei genitori rimasero disorientati.
ZEIT: Come diplomatico vaticano, lei ha prestato servizio in diversi continenti. Ha conosciuto una Chiesa povera e minacciata in Africa e una potente in Nord America e in Europa.
Becciu: Prima sono stato segretario nelle nunziature della Repubblica Centrafricana, del Congo Brazzaville, del Sudan e della Sierra Leone. Poi sono stato in Nuova Zelanda, a Londra, Parigi e Washington. Sono stato nunzio in Angola e a Cuba. Il compito era lo stesso ovunque: mantenere i legami tra la Chiesa locale e il Papa, difendere la giustizia sociale e il rispetto dei diritti umani. I diplomatici vaticani a differenza degli altri diplomatici non rappresentano interessi politici, economici o militari, ma difendono i diritti della gente sul posto.
ZEIT: In quale paese le sarebbe piaciuto rimanere?
Becciu: Ho perso il cuore per tutti questi Paesi. In Africa si dice: arrivi in un nuovo Paese con le lacrime agli occhi e lo lasci piangendo.
ZEIT: Non ha mai sentito la nostalgia di casa?
Becciu: Come sacerdote, devi essere amico di tutti, così tutti resteranno tuoi amici quando te ne andrai. Ma lo ammetto: a noi sardi non piace lasciare la nostra isola. Sono tornato ogni estate per andare in vacanza e per mantenere i contatti con la diocesi e la mia famiglia. La Sardegna è sempre stata la mia casa.
ZEIT: Come mai nel 2011 lei è diventato improvvisamente un sostituto del Vaticano, cioè è salito ai vertici della Segreteria di Stato?
Becciu: Questo ha sorpreso anche me. L’allora cardinale segretario di Stato Bertone mi telefonò a Cuba, dov’ero Nunzio, e mi disse: La aspettiamo a Roma. Io rimasi perplesso e dopo una riflessione accettai.
ZEIT: Lei lavora per Papa Benedetto dal 2011. Francesco l’ha confermata in carica nel 2013. Ma nel 2018 l’ha retrocessa a capo del dicastero per le beatificazioni e le canonizzazioni. Perché?
Becciu: Non fu una retrocessione, fui promosso da Vescovo a Cardinale e contestualmente a Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi.
ZEIT: Lei si è dimesso da prefetto nel 2020, dopo che un anno prima la Procura vaticana aveva aperto un’indagine nei suoi confronti. Si trattava di irregolarità finanziarie nella Segreteria di Stato. Per quanto tempo è stato responsabile delle sue finanze?
Becciu: Non è così. Il responsabile dell’Ufficio Amministrativo della Segreteria di Stato, accusato dal Promotore di Giustizia vaticano, improvvisamente mi coinvolse sollevando accuse contro di me in un memoriale che è stato determinante nel trascinarmi in questo processo.
Perché dico questo?
Perché non sono mai stato titolare assoluto delle finanze vaticane. Nella mia qualità di Sostituto, ero responsabile di 17 uffici, uno dei quali gestiva i fondi della Segreteria di Stato, con il quale lavoravamo in armonia. Compito dell’ufficio amministrativo era proporre investimenti e io ho sempre approvato quello che mi veniva sottoposto, anche perché il criterio che animava gli uffici era operare a vantaggio della Santa Sede. I tecnici dell’ufficio erano qualificati e avevano sempre goduto della fiducia di tutti.
ZEIT: Erano sacerdoti?
Becciu: No, per lo più laici. Tuttavia, il direttore dell’ufficio Alberto Perlasca era un sacerdote con riconosciuta esperienza nella gestione dei beni ecclesiastici, materia che insegnava anche all’Università. Io non avevo nessuna qualifica e nessuna esperienza nel settore e di questo talvolta scherzavamo.
ZEIT: Parliamo della proprietà londinese che ha innescato l’intero processo: i giudici dicono che il Vaticano ha perso da 139 a 189 milioni di euro nell’affare. E lei è responsabile perché ha investito 200 milioni di euro dal patrimonio della Segreteria di Stato – un terzo del suo patrimonio totale – senza analizzare il rischio. È vero?
Becciu: Prima di tutto, una precisazione: Non sono stato condannato per l’investimento, ma solo per aver autorizzato ad investire la somma. L’autorizzazione scritta all’investimento però venne dall’allora cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, mio superiore. L’ho eseguita. La decisione di Bertone si basava ancora una volta su una perizia del nostro ufficio speciale per gli investimenti, cioè degli esperti di Perlasca.
ZEIT: Ma l’ufficio era sotto il suo controllo, giusto?
Becciu: Sì. Ma mi è stato sempre assicurato che l’investimento non comportava alcun rischio.
ZEIT: Lei è arrivato a Roma un anno prima dello scandalo Vatileaks. All’epoca si parlava già del dubbio comportamento finanziario della Banca Vaticana, e Ratzinger cercò di ripulirla. Lei stesso, in seguito, ha indagato sui dubbi consulenti finanziari del Vaticano e ha ordinato una revisione esterna dei conti della Curia. Avrebbe mai creduto che la Procura vaticana potesse indagare anche su di lei?
Becciu: No, perché non mi sentivo responsabile di alcun reato e poi perché non vi era la prassi di mettere sotto giudizio non solo i Superiori della Segreteria di Stato ma nessun officiale della Curia.
ZEIT: Alla fine del 2019, Papa Francesco e l’investimento londinese si erano ancora difesi. Ha detto che i giorni in cui si mettevano i soldi in un salvadanaio erano finiti. Era già sotto inchiesta. La Banca Vaticana, tra tutti, aveva segnalato come sospetto il prestito per l’acquisto della proprietà londinese. Nell’estate del 2021, il procedimento principale contro di lei e altri nove imputati è stato aperto presso il Tribunale vaticano. Alcuni di loro erano coinvolti nell’affare in perdita di Londra. Sono tutti innocenti anche loro?
Becciu: Mi concentro su me stesso e non giudico gli altri. Alcuni dei coimputati non li conoscevo affatto o ne avevo una conoscenza superficiale, limitata a uno, due brevi incontri e quindi non avevo alcun tipo di rapporto con loro.
ZEIT: Perché l’investimento a Londra è andato male?
Becciu: Bisogna guardare al contesto. L’operazione ha attraversato quattro fasi: in primo luogo, l’investimento vero e proprio con l’acquisizione del 45% del fondo che deteneva l’immobile; in secondo luogo, l’uscita dal fondo prima della scadenza stabilita; in terzo luogo, l’acquisto dell’immobile e il trasferimento della sua gestione al broker Torzi; in quarto luogo, la vendita.
ZEIT: In forte perdita.
Becciu: Sì. Ma io ero responsabile solo della prima fase, dell’investimento. Il mio capoufficio mi ha sempre assicurato che tutto stava andando bene. Non ha mai parlato di problemi. L’ho scoperto solo nell’ottobre del 2019, un anno dopo che avevo lasciato l’incarico di Sostituto. I problemi sono diventati evidenti quando me ne sono andato. Nessuno me ne aveva mai parlato. Questo è emerso chiaramente nel processo.
ZEIT: Si dice che il Vaticano abbia perso ben 100 milioni di euro, una cifra relativamente piccola per gli investimenti statali. Perché la sanzione è così alta?
Becciu: La sanzione non solo è troppo alta, ma non avrebbe mai dovuto essere comminata. Non sono responsabile di alcuna perdita, perché ho agito solo con l’autorizzazione dei miei superiori, secondo la prassi abituale della Segreteria di Stato. E perché un investimento anche qualora fosse sbagliato deve essere è considerato un crimine?
ZEIT: Sì, perché?
Becciu: Questa domanda mi tormenta ogni giorno da quando è stato annunciato il verdetto, il 16 dicembre 2023. Perché sono stato condannato? Chi ha emesso la sentenza sa benissimo che non un solo centesimo dell’affare di Londra è finito nelle mie tasche. Sanno anche che non ho alcuna proprietà, ad eccezione di una vecchia Mazda del 2001.
ZEIT: Ma la accusano di aver favorito il finanziere Mincione, che gestiva il fondo in cui investiva la Segreteria di Stato.
Becciu: Questo è contro ogni logica. Perché avrei dovuto farlo? Non conoscevo nemmeno chi avrebbe beneficiato del nostro investimento, Raffaele Mincione. Perché avrei dovuto favorire qualcuno che ha causato perdite alla Segreteria di Stato? E perché, pur non avendo guadagnato un centesimo da tutto questo, ho ricevuto quasi la stessa punizione di chi ha intascato milioni?
ZEIT: Qual è la sua conclusione dopo il fallimento di Londra: la Curia può speculare? O ha ragione Papa Francesco quando dice: voglio una chiesa povera per i poveri?
Becciu: Il Papa ha ragione. Ma dobbiamo anche garantire gli stipendi dei 4.000 dipendenti che lavorano qui in Vaticano. La maggior parte di loro sono laici e hanno una famiglia. Dovremmo licenziarli quando i soldi sono pochi. Nonostante tutte le riforme, la Santa Sede è ancora in rosso. E il bilancio è in rosso. La Chiesa non è un’azienda e non deve cercare il profitto, ma dobbiamo anche finanziarci.
ZEIT: Le diocesi tedesche sono ancora molto ricche rispetto agli standard internazionali. Diversi tedeschi sono stati coinvolti nel tentativo di riorganizzare le finanze del Vaticano dopo Vatileaks: Joseph Ratzinger, Ernst von Freyberg, Georg von Boeselager, il cardinale Reinhard Marx. Hanno fallito?
Becciu: Non voglio giudicare questo. Il fatto è che la Chiesa tedesca è in prima linea nel sostenere le missioni della Santa Sede per i poveri e i bisognosi.
ZEIT: Lo scandalo finanziario che alla fine ha portato al processo si è intensificato nel 2019, quando la banca vaticana IOR ha presentato una denuncia contro la Segreteria di Stato e l’autorità di vigilanza finanziaria vaticana ASIF. L’autorità di vigilanza finanziaria è stata istituita da Papa Benedetto XVI nel 2010 e confermata da Papa Francesco nel 2013 per prevenire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. È vero che c’è stata una lotta di potere tra lo IOR e la Segreteria di Stato per la sovranità finanziaria in Vaticano?
Becciu: Mi limito a osservare che in tanti lo stanno sostenendo e scrivendo. Peraltro dal 2018 non ho più incarichi in Segreteria di Stato.
ZEIT: Probabilmente l’accusa più pesante nei suoi confronti è quella di aver sottratto, insieme alla consigliera sarda del Vaticano Cecilia Marogna, il denaro per la liberazione di una suora colombiana: invece di utilizzarlo per l’ostaggio rapito dai terroristi islamici, Marogna lo ha sperperato in oggetti di lusso e viaggi.
Becciu: Questa accusa è incredibile – e offensiva! Come sacerdote e diplomatico esperto, dovrei aver sfruttato il rapimento di una suora a mio vantaggio?
Non sono certo così cinico! L’accusa era così assurda che un avvocato della parte civile – il professor Giovanni Maria Flick, che rappresenta la società di gestione immobiliare vaticana Apsa – ha chiesto la mia assoluzione!
ZEIT: Cecilia Marogna avrebbe ricevuto 575.000 euro dalla Segreteria di Stato per la Liberazione, ma li avrebbe spesi per sé stessa.
Becciu: Non ho mai avuto motivo di dubitare della correttezza della signora Marogna. Presumo che abbia collaborato correttamente con un’agenzia britannica che ha organizzato la liberazione. Suor Gloria, come si chiamava la suora rapita, è stata liberata dopo una lunga e straziante prigionia. Questa è la mia più grande consolazione in mezzo a questo processo vergognoso.
ZEIT: Il processo, che lei considera ingiusto, ha scosso la sua fede?
Becciu: No. Lo vedo come una prova. Dio mi mette alla prova. Soffrendo, la mia fede si purifica e si rinnova.
ZEIT: Il tribunale l’ha giudicata colpevole di aver trasferito 125.000 euro a suo fratello in Sardegna. Il trasferimento era legale, ma lei non avrebbe dovuto fare affari con un parente.
Becciu: I trasferimenti sono andati sul Conto della Caritas della diocesi. Non ci sono mai stati affari segreti con mio fratello! Ho agito su richiesta dei vescovi della mia diocesi di origine in Sardegna, che mi hanno chiesto aiuto per le loro opere di carità nel 2015 e nel 2018. Fare queste donazioni era di mia assoluta competenza. Anche il tribunale ha stabilito che il denaro non è finito nelle tasche di mio fratello.
ZEIT: Lei ha sempre sostenuto la sua innocenza – e afferma che i suoi avversari in Vaticano hanno complottato contro di lei. La preghiamo di spiegare.
Becciu: Nel processo è emerso attraverso testimonianze purtroppo molto chiare che era stata ordita una macchinazione ai miei danni. Era il mio sospetto da quando è iniziato questo incubo per me tre anni fa. I miei avvocati stanno lottando per ottenere anche quelle informazioni che sono state secretate e che consentirebbero di giungere alla piena verità. Come giornalisti, dovreste indagare!
ZEIT: I giornali italiani scrivono che lei ha cercato di convocare Papa Francesco in tribunale come testimone chiave.
Becciu: Falso! Non ho mai chiesto al Papa di testimoniare in tribunale, anche se certi fatti sono noti solo a me e al Santo Padre. Gli sono stato fedele.
ZEIT: È vero che ha parlato al telefono con il Papa e ha registrato la conversazione?
Becciu: Non posso negarlo, perché l’ho ammesso in tribunale, tuttavia non avevo l’intento di diffondere la conversazione ma di tenere traccia della verità. Ma poi sono andato da lui e lui ha compreso le mie ragioni.
ZEIT: Vuole ora ripetere questa spiegazione?
Becciu: No, meglio di no. Non trovo rispettoso ritornare sui miei chiarimenti con il Santo Padre.
ZEIT: È riuscito a parlare con il Papa delle accuse?
Becciu: La conversazione con lui nel settembre 2020 fu spiacevole perché segnò l’inizio delle mie sofferenze. Dopo la mia destituzione da prefetto, ho cercato di ricucire il nostro rapporto. Quando ho chiesto udienza, mi ha ricevuto immediatamente. Mi ha poi fatto visita a casa il Giovedì Santo del 2021.
ZEIT: Nel suo appartamento nella casa della Congregazione per la Dottrina della Fede?
Becciu: Sì. L’anno successivo mi ha anche chiesto di tornare al Collegio cardinalizio.
ZEIT: Nel 2020 ha dovuto rinunciare a tutti i diritti di cardinale. Perché il Papa l’ha riportata nella cerchia dei cardinali nel 2021?
Becciu: Probabilmente perché voleva far prevalere il principio della presunzione d’innocenza. Per questo avevo fiducia nel processo.
ZEIT: Ora crede alla sua colpevolezza?
Becciu: Mi auguro di no e mi stupirebbe il contrario. Anzi, sono certo che si rallegrerà quando sarò assolto.
ZEIT: Lei è stato uno dei suoi collaboratori più importanti per sette anni, e durante la crisi l’ha abbandonato?
Becciu: Nel tempo non è mai venuto meno il rapporto tra noi, ma vi prego di capire che non voglio coinvolgere il Santo Padre.
ZEIT: Ha paura della prigione?
Becciu: Della prigione? No! (ride)
ZEIT: Perché no?
Becciu: La punizione peserà meno su di me che sui miei calunniatori. Sono confortato dalla mia coscienza pulita.
ZEIT: Lei adesso è sotto il profilo legale un criminale condannato. Chi altro è al suo fianco?
Becciu: Essere etichettato come “condannato” e sapere di essere innocenti è difficile. Sono al mio fianco quelli che mi conoscono o che hanno approfondito questo incredibile caso giudiziario che in Italia è stato accostato al caso Dreyfus. Ma mi avvicinano anche sacerdoti e gente comune per strada. La mia anima spesso si ribella a questa palese ingiustizia. Ma la preghiera mi aiuta. Mi aiutano i messaggi di incoraggiamento provenienti da persone dei Paesi in cui ho lavorato. Molti in Curia ora mi credono. E poi c’è la solidarietà silenziosa dei cardinali.
ZEIT: Può fare dei nomi?
Becciu: No. Ma vorrei citare anche i miei avvocati, Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, che mi difendono con passione. Tra i nostri sostenitori ci sono anche vari giudici e i pubblici ministeri italiani che conoscono gli atti del processo e scuotono la testa per il modo in cui questo processo è stato condotto.
ZEIT: I suoi avvocati hanno dichiarato la “non colpevolezza”.
Becciu: Griderò la mia innocenza finché avrò vita. Persone senza scrupoli mi hanno calunniato e hanno fatto credere a Papa Francesco che gli ho fatto del male. Stanno usando il Papa. È una cospirazione.
ZEIT: Chi ha cospirato contro di lei?
Becciu: Ho dei sospetti, ma preferisco attendere.
ZEIT: Si dice che lei si sia fatto dei nemici nell’inchiesta sul caso Vatileaks 2. La comunicatrice e consulente Francesca Chaouqui, che è stata condannata al carcere dal Tribunale vaticano nel 2016, è considerata una sua avversaria.
Becciu: Preferirei non parlare di questa persona.
ZEIT: È molto improbabile che questa singola donna abbia un’influenza tale da causarle un danno enorme.
Becciu: Nel processo non io ma due testimoni l’hanno chiamata in causa raccontando il suo ruolo nel momento in cui il capo dell’Ufficio Amministrativo iniziò ad accusarmi.
ZEIT: Il Vaticano ha assunto il giudice in pensione Pignatone, esperto in questioni di mafia, per il processo. Si dice che ora riceva degli alti emolumenti dal Vaticano. Può Pignatone decidere contro la volontà del Papa?
Becciu: Non mi interessano queste questioni, mi interessa la verità. Ma tutti gli avvocati si sono lamentati durante il processo della violazione dei principi e delle regole del giusto processo.
ZEIT: Pensa che il Papa la perdonerà?
Becciu: Se ho offeso il Papa in qualche modo, allora mi inginocchio davanti a lui e gli chiedo perdono. Ma per cosa devo chiedere perdono?
Ho sempre servito lealmente i Pontefici e la Chiesa.
ZEIT: Vede la sua crisi di vita come parte della crisi della Chiesa?
Becciu: La Chiesa sta attraversando un momento difficile. È scossa dal secolarismo e dagli scandali sugli abusi, dal relativismo teologico e dalla polarizzazione ideologica, dalle persone che lasciano la Chiesa e dalla carenza di sacerdoti. Ma è uscita sempre purificata da tutte le crisi.
ZEIT: E lei?
Becciu: Prego di non perdere mai la gioia dell’essere credente.
ZEIT: A volte pensa a suo padre, che non voleva che lei andasse a Roma?
Becciu: No. Ma sto soffrendo. Quello che mi fa più male è che il Papa possa pensare anche solo per un minuto che io gli abbia mentito. Soprattutto ora, a Pasqua. Per anni è venuto a pranzo a casa mia il Giovedì Santo, insieme ad alcuni parroci di Roma.
ZEIT: Il Giovedì Santo, il giorno prima del Venerdì Santo, Gesù fu sopraffatto dalla paura della crocifissione. Accusò Dio: Padre, perché mi hai abbandonato?
Becciu: Tutti conoscono questi momenti di disperazione. La chiamiamo anche “la notte oscura dell’anima”. Ma poi Gesù si rimette nelle mani del Padre e dice: Sia fatta la tua volontà!
ZEIT: E un angelo scende e lo conforta. Lei dove passerà questa Pasqua?
Becciu: Ero solito partecipare a tutte le liturgie del Papa a Roma con gli altri cardinali. Questa volta celebro con la mia famiglia e il mio vescovo in Sardegna, nella mia parrocchia di Pattada